Tra gli aspetti centrali dell’educazione degli adulti in carcere c’è quello del reinserimento professionale dopo il periodo di detenzione, perché il percorso formativo proposto nel periodo di detenzione deve poter contribuire al reinserimento nella società. Insegnanti e formatori che operano in carcere si trovano a fronteggiare un contesto educativo e formativo da tutti ritenuto disorganico e mancante di una concreta progettualità.
I corsi spesso sono troppi e creano disorientamento sia nei detenuti, che si sentono paradossalmente “usati”, sia negli insegnanti che vedono il loro ruolo diluito in percorsi di cui loro stessi non riscontrano una vera utilità.La quantità va spesso a scapito della qualità. Il modello che serve dovrebbe essere maggiormente personalizzato e basato sulle reali esigenze formative del detenuto. Il discente, pertanto, dovrebbe essere messo al centro del percorso formativo con un ruolo attivo e con maggiori responsabilità e possibilità di scelta, un percorso che non ignori, come spesso invece accade, il passato e il futuro della persona.
E’ stato riportato anche il caso opposto di strutture in cui le richieste di istruzione e formazione dei detenuti non trovano accoglimento per una scarsità di offerta.
Un’altra problematica è rappresentata dal fatto che frequentemente i detenuti non rimangono il tempo necessario per finire un percorso iniziato perché magari sono già a fine pena oppure vengono trasferiti altrove e, dunque, interrompono, la formazione. Dovrebbero quindi essere pensati anche percorsi più coincisi e nella valutazione di un trasferimento dovrebbe essere garantita maggiore attenzione al percorso educativo e formativo che il detenuto sta seguendo.