Gli studi mostrano alti tassi di recidiva soprattutto per coloro che non ricevono supporto affettivo e non hanno legami sociali significativi durante la detenzione. Un articolo del Probation Journal esamina il potenziale ruolo delle famiglie dei detenuti, introducendo il concetto di capitale sociale. Si può comprendere in maniera immediata la possibilità per un ex-detenuto di ricevere un aiuto pratico, come un lavoro, ed economico grazie alle reti familiari e amicali di cui dispone, dal momento che le famiglie possono attivare circoli relazionali in grado di aiutare l’individuo, cosa che da solo non sarebbe riuscito a fare. Oltre ad aiuti materiali, la presenza di legami significativi aiuta il soggetto a desistere dal commettere nuovamente reati, sostenendolo nella nuova vita all’insegna della legalità.
Tuttavia, è possibile rintracciare anche alcune difficoltà: innanzitutto, le famiglie di chi si trova ristretto spesso non hanno a disposizione aiuti sociali importanti, vivono in condizioni fatiscenti, sono a loro volta al di fuori del mercato del lavoro e, pertanto, non possiedono forme di capitale sociale sufficiente a prestare aiuto al termine della pena. Allo stesso modo, è difficile mantenere durante il periodo detentivo relazioni gratificanti che possano poi continuare all’esterno del carcere, poiché il tempo concesso per i colloqui è sempre troppo poco e, di frequente, la distanza tra il luogo di vita della famiglia e il carcere è tanta. Tutto ciò rende problematico l’incontro tra la persona detenuta e i propri cari.
Info su: http://www.lavorosociale.com/archivio/n/articolo/il-ruolo-della-famiglia-nel-reinserimento-sociale